Immortalità: ultima frontiera della libertà
di David Nicholas

Articolo originale (in inglese, formato PDF)

"Se una condanna a morte di massa è la caratteristica della condizione umana, la ribellione è la sua controparte. Quando  rifiuta di accettare  la propria mortalità, il ribelle simultaneamente rifiuta di accettare l'autorità che lo fa vivere in tale condizione."(1)
Albert Camus

Il fatto che la morte continui ad esistere, rende futile il nostro parlare di libertà. Le idee di libertà che accettano passivamente l'inevitabilitá dell'oblìo personale suonano sempre piú come vuota retorica. Gli dei ci hanno abbandonato e le nostre razionalizzazioni, di fronte al nulla sul nostro orizzonte personale, sono sempre meno convincenti. Ci rendiamo conto che c'è qualcosa di profondmente sbagliato in questa situazione, ma di fronte all'apparente inevitabilità del nostro destino, continuiamo ad ignorare quella che è la logica conclusione: dobbiamo salvarci da soli o perire.

Il nulla all'orizzonte

Privata della possibilità di sopravvivenza con mezzi soprannaturali, la psiche laica  occidentale è rimasta traumatizzata. La vita sembra assurda e senza senso. La paura della morte e del nulla si annida dietro la facciata dei nostri pensieri quotidiani. Nonostante le strutture e le istituzioni delle fedi religiose continuino ad esistere, la loro funzione è divenuta principalmente emotiva e cerimoniale. I fedeli di ieri si aggirano oggi in un supermercato spirituale post-psichedelico alla ricerca di nuove risposte al problema della morte. Uno dei profeti moderni dell'immortalismo scientifico, Alan Harrington, sostiene che l'anticipazione della morte è divenuto il piu' importante fattore nel comportamento umano. (2)

Le conseguenze sono sottili, ma inequivocabili. Limitando il nostro orizzonte ad una singola vita, il nulla all'orizzonte aggiunge una nota di disperazione e di urgenza ai nostri progetti. Si avverte un'accelerazione, un senso di non aver piú tempo. A volte ció è interpretato come una reazione alla minaccia di distruzione nucleare, ma la mortalità collettiva è un'astrazione: la morte è comprensibile solo al livello in cui la si incontra, cioè a livello individuale. Inoltre, la preoccupazione riguardo il modo in cui lasceremo questo mondo non è nulla, se paragonata alla crescente certezza che ció che ci aspetta è l'oblìo.

Senza la prospettiva di continuità, la nostra visione è tronca, il nostro pensiero è dominato da calcoli sul breve termine. Le nostre preoccupazioni per il futuro evaporano quando quel futuro non ha posto per noi. Eppure, per evitare il crollo psicologico, continuiamo a inventarci strategie di difesa.

Moriamo prima di morire

Una tipica reazione, è di ignorare il nostro destino attraverso distrazioni che aiutano a ridurre il nostro senso di isolamento, per esempio il "sesso, droga e rock & roll". Oppure ci buttiamo nel lavoro o in un hobby, oppure nel conformismo, nel vivere come vogliono gli altri. Possiamo ottenere una sensazione di immortalità collettiva attraverso l'azione comune e trarre conforto dal calore del gregge, ma il costo è elevato: diventando parte della folla, il nostro io si dissolve prima ancora di morire. Harrington ha descritto tutto ció come il "morire prima di morire" e il "suicidio a rate". (3)

Tragicamente, questo sacrificio dell'io razionale distrugge anche la nostra unica possibilità di salvezza. Alcuni reagiscono con furore. Condannati ad una troppa breve apparizione sul palcoscenico della vita, individui disperati adottano metodi sempre piú bizzarri per innalzare monumenti alla proria esistenza. Il "serial killer", l'assassino, il dirottatore solitario… il messaggio di costoro è: "Non dimenticatemi! Uccidetemi, se necessario, ma non dimenticatemi."

Le reazioni di individui piú sofisticati possono apparire piú razionali, ma alla fin fine lasciano il tempo che trovano, dato che non cambiano la nostra condizione. Certe attitudini ("Chi ha paura di morire ha paura di vivere") e certe frasi a effetto ("la morte non esiste") potranno anche convicere qualcuno, ma anche i fatalisti, quando non riescono a prender sonno, nel cuore della notte, soli davanti al nulla, vogliono quello che noi tutti vogliamo: sopravvivere. Non avendo il coraggio necessario per una ribellione aperta, costoro sono costretti a fare ricorso a concetti di continuità sempre piú diluiti ed indiretti.

La forma tradizionale di "immortalità", quella ottenuta tramite i propri discendenti, ha oggi una nuova variante: quella ottenuta tramite il proprio DNA. Richard Dawkins in "Il Gene Egoista", sostiene che l'unica funzione del corpo umano è quella di fare da veicolo per la sopravvivenza dei nostri geni. (4) Seguendo questo ragionamento fino alla sua logica conclusione, il corpo sarebbe energia pura e quindi indistruttibile: la morte puó solamente cambiarne la forma! Ció puó solo offrire una scarna consolazione in quanto non affronta il problema del nostro vero nemico: il nostro, personale, oblìo.

Immortalità fisica

Altri individui sostengono di dedicarsi alla ricerca scientifica, ma mantengono forti  impulsi religiosi, nella forma di un attaccamento alle vestigia del dualismo cartesiano. Le scoperte nel campo delle scienze neurologiche, peró, continuano a rivelare le basi fisiche di comportamento e percezione. Questi individui sono costretti ad una ritirata perpetua, all'inseguimento di un "Dio delle lacune" [le temporanee lacune nella nostra conoscienza scientifica - NdT]. Ogni evidenza di attività mentale "indipendente" [dal corpo - NdT], per quanto minuscola, è vista come un disperato rifugio per l'anima e per la speranza di una immortalità non legata al corpo.

La parapsicologia offre terreno fertile per queste speranze. James Randi [famoso per avere smascherato innumerevoli "medium" truffaldini - NdT] è citato da John Taylor in "Science and the Supernatural". (5) Nel commentare i motivi per cui seri studiosi in aree come fisica, chimica e matematica possano avere convinzioni talmente in contraddizione con la propria ricerca scientifica, egli dice: "Ho visto fino a che punto puó arrivare una persona per soddisfare il proprio profondo bisogno di credere." Ma anche ammettendo che i sostenitori della parapsicologia avessero ragione, la loro visione di un'immortalità incorporea appare poco soddisfacente. Tutta l'evidenza, comunque, indica che la personalità cresce con il corpo e non è da esso separabile. Come fatto notare da Wittgenstein: "Il corpo umano è la miglior immagine dell'animo umano." (6)

Quello che vogliamo è nientemeno che l'immortalità fisica. Abbiamo il bisogno di sopravvivere mantenendo la nostra unità psicosomatica, mantenendo cioè intatte le nostre memorie, i nostri pensieri, le nostre speranze e i nostri desideri.

La vita finisce nel nulla

Una volta, le tematiche legate a morte e sopravvivenza erano riservate a filosofi e teologi. Entrambe le categorie sono state colpite dal diffondersi di una certa incredulità ed entrambe si sono ritirate nell'analisi di tematiche piu' ristrette.

I filosofi hanno in maggioranza rimpiazzato la metafisica con arcane analisi linguistiche e la chiesa si dedica a questioni piú pratiche ed ecumeniche. La morte è divenuta un qualcosa da ignorare o da accettare implicitamente. La filosofia, comunque, è stata descritta da Montaigne (7) come l'imparare a morire. Di conseguenza, Alan Harrington sostiene che, proprio perché insegna l'accettazione della morte, la fisolofia ha perso ogni utilitá pratica: "La filosofia che accetta la morte deve essa stessa essere considerata morta." (8)

Solo gli esistenzialisti si avvicinano ad una corretta interpretazione del significato della morte. Quelli che si descrivono atei (comunemente e giustamente considerati come i piú coerenti rappresentanti di questa corrente di pensiero) riconoscono il paradosso centrale della vita: cioé che la libertá implicita nella non-esistenza di dio è resa insignificante dall'oblìo in cui la vita finisce. Quindi Heidegger sostiene che per vivere veramente, dobbiamo continuamente affrontare a viso scoperto il limite imposto dalla morte ed accettare l'ansietá che esso comporta. La dottrina della cattiva fede ("mauvaise foi") di Sartre ha una funzione simile, smascherando le nostre strategie di auto-inganno ed i nostri tentativi di evitare un confronto diretto con la nostra mortalitá. Un esempio è la ricerca di significato per la nostra esistenza come componente di astrazioni deificate come "l'Umanitá" o la "Natura", invece di accettare il fatto che solo noi stessi e nessun altro possiamo decidere il significato della nostra vita e della nostra morte. Camus protesta contro "l'incompletezza della vita umana, espressa nella morte", rigetta la disperazione e lancia un appello alla ribellione contro le implicite conseguenze dell'estinzione personale: "Se nulla dura, nulla ha senso."(9) Nonostante gli esistenzialisti offrirono un'analisi particolarmente lucida, dal punto di vista propositivo riuscirono solo ad offrire una stoica accettazione della nostra condizione. L'ansietá che essa porta è affrontata, ma senza i mezzi necessari a sfidarla con successo. Anche la chiamata alla ribellione di Camus, sebbene ammirevole, rimane tutto sommato impotente. Forse gli esistenzialisti erano intrappolati in una fase transizionale - la scienza aveva messo in dubbio le certezze della religione, ma non aveva ancora iniziato ad offrire una propria soluzione.

Nell'ambito del teoricamente possibile

Se Camus ha ragione e la morte è il nostro vero nemico, allora non è la vita dopo la morte che vogliamo, ma la fine della morte in sè, se non altro come inevitabile conseguenza dell'essere nati. Chi, allora, raccoglierá la sfida e oserá andare controcorrente? Molti intellettuali "seri" evitano di parlarne pubblicamente e se lo fanno, ne parlano con sarcasmo, nonostante debbano confrontarsi con la condizione umana tanto quanto tutti noi. Vediamo, quindi, rare menzioni nei mass-media del movimento crionico e della life-extension ed i loro sostenitori sono in genere trattati come eccentrici. Uno scienziato che dimostri un interesse per tali soggetti rischia di ritrovarsi marginalizzato dai propri colleghi. Come ha notato Thomas Kuhn, la scienza non e' sempre il sistema razionale e sistematico che pretende di essere (10).

Per fortuna, un piccolo, ma in fase di crescita, gruppo di eretici  composto da scienziati di frontiera e scrittori speculativi, osa sfidare i paradigmi correnti e produrre una piattaforma per la discussione di questi temi. Essi sostengono, con crescente confidenza nelle proprie idee, che scienza e tecnologia possono realizzare quello che la religione ha da sempre promesso: il sogno senza tempo dell'immortalitá potrebbe non essere un sogno irrealizzabile. L'errore è stato quello di aver riposto le proprie speranze nella fede invece che nella ragione. Il progresso scientifico ha finalmente portato la prospettiva dell'immortalità fisica nell'ambito del teoricamente possibile.

La fantascienza, fedele alla propria natura rivoluzionaria, è da sempre una fertile arena per l'esplorazione delle risposte scientifiche al problema-morte. Immortalità e longevità estrema  sono temi ricorrenti, così come i loro aspetti pratici ed il loro impatto sociale e psicologico. L'editore e critico di fantascienza Peter Nicholls ha notato che "in certi racconti l'immortalità è l'inizio di opportunità senza fine, mentre in altre rappresenta stagnazione terminale e la fine di innovazione e cambiamento." (11) Sembra però generalmente accettato che questi temi continuino ad affascinare il pubblico e che rappresentano lo spirito prometeico che è poi l'anima della fantascienza. Sebbene a volte accusata di non essere altro che un'evasione dalla realtà, la fantascienza potrebbe invece prepare il terreno ad una reale evasione dalla morsa della morte.

In questo reame il Re siamo noi

Colin Wilson (12), scrittore, filosofo neo-esistenzialista e persona dotata di conoscenze universali, ha sempre dimostrato un forte interesse al tema. Egli ha una ottimistica visione del potenziale umano per evolversi fino a raggiungere uno stato divino attraverso l'espansione della propria coscienza, il che include, come conseguenza, una longevità estrema. Wilson ha dichiarato che la sua intenzione, nello scrivere il proprio romanzo "La Pietra Filosofale", era quella di creare una "parabola della longevità"come già fatto dal proprio mentore  George Bernard Shaw in "Back to Methusalah". (13) Shaw non tollera alcun limite al potenziale umano. Rigetta i concetti religiosi di non-perfettibilità e predeterminazione (così come il concetto scientifico di determinismo biologico). Wilson ha simili motivazioni, ma, commentando le sue opere, lo scrittore Nicolas Tredell (14) nota un'importante differenza di attitudine fra i due autori. Per Shaw, una vita più lunga produce un'incremento di coscienza; per Wilson, un'incremento di coscienza produce una vita più lunga. Quindi, per Wilson, la longevità stessa è di per sé un obiettivo legittimo che egli suggerisce sia raggiungibile con una manifestazione di volontà. Sia Wilson che Shaw sembrano d'accordo sul fatto che l'uomo, in qualche modo, scelga di morire, spesso per mancanza di obiettivi e per una certa passiva accettazione della vita a livello "animale." Wilson sostiene che ciò diverrà reversibile il giorno in cui l'umanità svilupperà un senso del proprio destino evolutivo. A sostegno di ciò sostiene persino che filosofi, scienziati e matematici vivano più a lungo di poeti, artisti e musicisti.

Alan Harrington, l'autore di The Immortalist - un trattato filosofico fondamentale per il movimento della life-extension - è un alleato spirituale di Shaw, Wilson e degli esistenzialisti. Come loro si ribella contro tutte le forme di determinismo, ma porta il proprio rigetto alla sua logica conclusione: "La morte è un'imposizione sulla razza umana e non è più accettabile." (15)

Il suo è un progetto duplice. Primo: lo smascheramento dei miti protettivi e delle strategie psicologiche da noi tutti utilizzati per ignorare il fatto centrale dell'esistenza, cioè che muoriamo senza un perchè e che siamo destinati a scomparire nel nulla. Secondo: incoraggiarci nel credere che attraverso la scienza, non solo possiamo, ma dobbiamo, realizzare la nostra stessa divinità. Nell'approvare l'arrivo del futuro Uomo Innaturale, Harrington cita, con approvazione, Bertrand Russell: "Noi siamo i giudici supremi e indiscutibili dei valori e nel mondo dei valori, la Natura è solo una di molte parti. Quindi, nel mondo dei valori, noi siamo più importanti della Natura… In questo reame noi siamo il Re e degradiamo la nostra regalità se ci inchiniamo di fronte alla natura." (16)

La morte come malattia e la sua cura

Nonostante non sia mai stato annunciato pubblicamente, in pratica, il nostro cammino verso l'immortalità è già cominciato. La medicina continua ad espandere le nostre conoscenze sulla morte clinica al punto che è diventato impossibile dare una defininizione universalmente accettata del termine. Trapianti multipli di organi promettono la sostituzione di sempre più parti del nostro corpo, offrendo la possibilità di un rinvio quasi indefinito della morte. Con la genetica, l'Uomo può per la prima volta influenzare direttamente la propria evoluzione biologica. Organismi diversi hanno diverse aspettative di vita "naturali", regolate da fattori genetici, quindi fattori genetici modificati dovrebbero permettere aspettative di vita più lunghe. Di conseguenza, se è vero, come alcuni pensano, che l'invecchiamento sia dovuto all'accumularsi di errori nel processo di replicazione del DNA, dovrebbe essere possibile, se non altro in teoria, inserire materiale sano in cellule geneticamente difettose.

Molti individui sani sostengono di trarre benefici da terapie di life-extension (estensione della vita) mirate al rallentamento e persino all'inversione del processo dell'invecchiamento. La dieta seguita ed il livello di attività fisica praticato sono altri fattori importanti, così come l'evitare le abitudini ovviamente dannose alla salute. La gerontologia supporta la validità di tali iniziative, sottolineando soprattutto l'importanza della dieta. Roy L. Walford (17), professore dell'UCLA [University of California, Los Angeles - NdT] ha dimostrato come sia possibile allungare la vita di cavie di laboratorio attraverso la restrizione calorica. Walford è convinto che un simile approccio possa essere applicato agli esseri umani e segue egli stesso un regime di restrizione calorica.

Un'altro aspetto che deve essere preso in considerazione è l'impatto dello stato mentale di un individuo sul proprio stato di salute. In particolare, per quanto riguarda l'invecchiamento, l'aspetto culturale e sociale può avere un impatto considerevole. É stato osservato che l'età non è solo una questione fisica, ma anche sociale. Ci si aspetta che un individuo si comporti in maniera considerata accettabile per la propria età, ma tale comportamento "accettabile" non è determinato da precise ragioni biologiche e dimostra sostanziali differenze in società e momenti storici diversi. Etichettare un individuo come "anziano" o come rappresetante della "terza età", può creare un circolo vizioso, in cui l'etichetta stessa impone il comportamento e l'attidudine della persona in questione. L'atteso declino di salute ed energia si materializza come a conferma di quanto sopra. David Lewis, nel libro Life Unlimited, (18) interpreta i rituali che circondano il raggiungimento dell'età pensionabile come l'equivalente occidentale delle condanne a morte tramite maledizione degli Aborigeni. L'impatto di tali simboli sulla salute fisica e mentale può essere profondo, soprattutto nelle società in cui essi sono fortemente sentiti. Il considerare l'invecchiamento come il risultato, almeno in parte, dell'attitudine della società circostante, ci permette di cominciare ad ottenere un certo livello di controllo sul fenomeno.

La battaglia contro morte e invecchiamento è quindi cominciata, anche se in maniera sporadica. Rispettabili gerontologi, impiegati presso rispettabili istituzioni, avanzano  constantemente in questa direzione, in sincronia con l'ala radicale del movimento, cioè i sostenitori della crionica  e della animazione sospesa, nonchè con coloro che dibattono la possibilità di trasferire la personalità umana su substrati inorganici. Tutti costoro, all fin fine, sono coinvolti nello stesso progetto, ma non esiste ancora un consenso sulle cause dell'invecchiamento ed il settore aspetta l'arrivo, come osserva Harrington, del proprio Einstein.(19) Forse, prima che la scienza possa affrontare in pieno la sfida, dovremo rompere il rigido legame culturale fra morte e irreversibilità, come sostiene Lyall Watson. (20) Dovremmo quindi considerare la morte come niente più che un disordine, cioè un qualcosa di non permanente e a volte curabile. Una volta abbracciata tale attitudine, la ricerca di una cura per morte e invecchiamento potrà proseguire senza più preoccuparsi di essere considerata "contronatura."

Divenire Dei

Ormai sappiamo che dobbiamo farlo e che l'impatto sarà profondo. Jonathan Schell, sebbene parli dell'insieme dell'umanità, rispecchia il nostro progetto nel suo The Fate of the Earth, (21): "Nell'agire per salvare la specie e ripopolare il futuro, sfuggiamo dall'isolamento claustrofobico di un presente senza speranza e apriamo la strada verso orizzonti più ampi." La creazione di un futuro senza fine, per ogni singolo individuo, offre  all'intera razza umana il tempo necessario per la riflessione necessaria a raggiungere nuovi livelli di saggezza. Shaw, intravide ciò nel suo Methusalah e Walford sostiene che un mondo popolato di bicentenari attivi sarebbe non solo più saggio, ma anche moralmente migliore, in maggior controllo delle passioni umane e più mentalmente stabile.

Non c'è dubbio che gli eretici stiano guadagnando terreno e che l'umanità sia in procinto di raggiungere la maturità necessaria per seguire l'unica strada possibile verso l'immortalità: saranno scienza, intelletto e analisi a salvarci - non il misticismo.

Come ha osservato Harrington: "Possiamo costruire la nostra libertà dalla morte, ma non possiamo ottenerla con la preghiera… dopo aver inventato gli dei, è giunta l'ora di prendere il loro posto." (22)


NOTE BIBLIOGRAFICHE

1. Albert Camus, The Rebel (L'uomo in rivolta) Penguin Books, Harmondsworth, Middlesex, 1962, p. 30.
2. Alan Harrington, The Immortalist, Sphere Books Ltd., London, 1979.
3. Ibid., p. 11, p. 129.
4. Richard Dawkins, The Selfish Gene (Il gene egoista), Oxford University Press, Oxford, 1976.
5. John Taylor, Science and the Supernatural, Granada Publishing Ltd., London, 1981, p. 171.
6. Ludwig Wittgenstein, Philosophical Investigations, translated by G. E. M. Anscombe, Basil Blackwell, Oxford, 1968, Part 11 (iv), p. 178.
7. Michel de Montaigne, quoted in Peter Burke, Montaigne, Oxford University Press, Oxford, 1981, p. 66.
8. Harrington, op. cit., p. 170.
9. Camus, op. cit., p. 73.
10. Thomas S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions (La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche), University of Chicago Press, 1970.
11. Peter Nicholls, The Encyclopaedia of Science Fiction, Granada Publishing Ltd., London, 1981, p. 307.
12. Like many of Colin Wilson's ideas, his views of longevity and immortality tend to be repeated frequently in his prolific writings. In the present context, see particularly Bernard Shaw: A Reassessment, Hutchinson & Co. Ltd., London, 1969, p. 259 and 294.
13. George Bernard Shaw, Back to Methusalah, Penguin Books, Harmondsworth, Middlesex, 1939.
14. Nicolas Tredell, The Novels of Colin Wilson, Vision Press Ltd., London, 1982.
15. Harrington, op. cit., p. 3.
16. Ibid., p. 217.
17. The Mail on Sunday, "The Birth of Bionic Man", April 15, 1984. A book length elaboration of Walford's vision is Maximum Life Span, W. W. Norton & Co., New York, 1983.
18. David Lewis, Life Unlimited: Maximum Performance After 40, Methuen, London, 1987.
19. Harrington, op. cit., p. 268.
20. Lyall Watson, The Romeo Error, Coronet Books (Hodder & Stoughton), London, 1976, p. 47.
21. Jonathan Schell, The Fate of the Earth, Pan Books, London, 1982, p. 172.
22. Harrington, op. cit., p. 21, p. 203.

Reprinted with permission from:
The Libertarian Alliance
25 Chapter Chambers
Esterbrooke Street
London SW1P 4NN
England
E-mail: chris@rand.demon.co.uk
www.libertarian.co.uk

© The Libertarian Alliance

Cultural Notes No. 27
ISSN 0267-677X ISBN 1 85637 059 3
An occasional publication of the Libertarian Alliance, 25 Chapter Chambers, Esterbrooke Street,
London SW1P 4NN
www.libertarian.co.uk
email: admin@libertarian.co.uk
© 1991: Libertarian Alliance; David Nicholas.
David Nicholas works as a banker in the City of London, having studied philosophy part-time at London University and the University of Sydney.
The views expressed in this publication are those of its author, and not necessarily those of the Libertarian Alliance, its Committee, Advisory Council or subscribers.
Director: Dr Chris R. Tame Editorial Director: Brian Micklethwait Webmaster: Dr Sean Gabb
FOR LIFE, LIBERTY AND PROPERTY



Estropico