Auto-replicazione e nanotecnologia
Dal sito della azienda americana Zyvez:


L'articolo in versione originale

Traduzione a cura di Vincenzo Battista

Un obiettivo essenziale della nanotecnologia è la capacità  di fabbricare prodotti a bassi costi. Mentre la capacità  di fabbricare qualche macchina molecolare molto precisa e molto piccola, anche se estremamente costosa, sarebbe chiaramente una importante conquista scientifica, essa non cambierebbe in modo sostanziale la modalità  con cui fabbrichiamo la maggior parte dei prodotti.

Fortunatamente, siamo circondati ed ispirati da prodotti che sono meravigliosamente complessi e tuttavia molto economici. Le patate, per esempio, sono fabbricate da complesse macchine molecolari che coinvolgono decine di migliaia di geni, proteine, ed altri componenti molecolari; tuttavia il risultato costa così poco che non indugiamo a distruggere questa meraviglia biologica, mangiandola.

E' facile capire perchè le patate ed altri prodotti agricoli sono così  economici: si mette una patata in un po' di sporcizia umida, la si rifornisce di un po' di aria e di luce solare, e si ottengono altre patate. In breve, le patate sono auto-replicanti.

Proprio come i primi pionieri del volo trassero ispirazione dall'osservare gli uccelli librarsi in volo attraverso l'aria senza alcuno sforzo, così possiamo prendere ispirazione dalla natura mentre sviluppiamo sistemi di manifattura molecolare. Naturalmente "inspirato da" non significa "copiato da". Gli aereoplani sono molto differenti dagli uccelli: un 747 mostra solo piccolissime somiglianze con un'anatra, anche se entrambi possono volare. I sistemi artificiali auto-replicanti che sono stati concepiti per la manifattura molecolare mostrano quasi lo stesso grado di somiglianza con le loro controparti biologiche di quello che un'automobile potrebbe avere con un cavallo.

Cavalli ed automobili forniscono entrambi trasporto. I cavalli, comunque, possono prelevare la loro energia da patate,  cereali, zucchero, fieno, paglia, erba, ed innumerevoli altri tipi di "carburante". Un'automobile usa solo una singola,  artificiale e accuratamente raffinata, sorgente di energia: la benzina. Mettere zucchero o paglia nella sua tanica di carburante non è cosa raccomandabile!

Le macchine che costruiamo tendono ad essere fragili ed inflessibili per quel che riguarda le loro reazioni alle modificazioni del loro ambiente. Per contrasto, i sistemi viventi biologici sono sorprendentemente flessibili ed adattabili. I cavalli riescono a non perdere la strada lungo uno stretto sentiero o saltare per scavalcare degli arbusti; essi ricavano parti di ricambio (dal loro cibo) nella stessa flessibile maniera in cui ricavano energia; ed hanno una rimarchevole capacità di autoriparazione.

Le automobili, d'altro canto, hanno bisogno di strade sulle quali viaggiare; devono essere approvvigionate di parti componenti strane e tutt'altro che naturali; spesso sono difficili da riparare  (figurarsi se possono autoripararsi!) ed in genere sono semplicemente incapaci di far fronte ad un ambiente complesso. Esse funzionano solo perchè vogliamo che funzionino, e perchè possiamo fornire loro, in maniera relativamente non dispendiosa, delle condizioni accuratamente controllate sotto le quali esse possono eseguire quello che noi desideriamo.

Nello stesso modo, i sistemi artificiali autoreplicanti che sono stati proposti sono fragili ed inflessibili. E' già abbastanza difficile progettare un sistema capace di autoreplicarsi in un ambiente controllato per potersi anche  permettere di progettarne uno in grado di avvicinarsi alla meravigliosa adattabilità che centinaia di milioni di anni di evoluzione hanno dato ai sistemi viventi. Progettare un sistema che usi una singola sorgente di energia è più  facile e contemporaneamente produce un sistema molto più efficiente: il cavallo paga un prezzo per la sua capacità di mangiare patate quando l'erba non è disponibile, e questo prezzo consiste nell'essere meno efficiente per entrambe le capacità. Per sistemi artificiali per i quali desideriamo diminuire la complessità di progetto ed accrescere l'efficienza, progetteremo il sistema in modo che possa maneggiare una sola sorgente di energia, e che possa gestire quella unica sorgente molto bene.

I cavalli si possono fabbricare le molte complesse proteine e molecole di cui necessitano da qualsiasi cibo riescano a trovare attorno. Ancora una volta, essi pagano questa flessibilità con il fatto di possedere  un complicato sistema digerente capace di spezzare il cibo nelle sue molecole costituenti, ed un complesso metabolismo intermediatore capace di sintetizare qualunque cosa di cui abbiano bisogno da qualunque cosa trovino. I sistemi autoreplicanti artificiali sono sia più semplici che più efficienti, se la maggior parte della loro zavorra viene scaricata all'esterno: possiamo rifornirli delle rare sostanze e delle strutture molecolari non naturali di cui hanno bisogno per mezzo di una sorta di "magazzino alimentare" piuttosto che obbligando il dispositivo a fabbricarsi da se ogni cosa; un processo, quest'ultimo,  che è sia meno efficiente che più complesso da progettare.

I progetti meccanici proposti per la nanotecnologia ricordano più una fabbrica che un sistema vivente. Bracci robotici su scala molecolare capaci di muovere e posizionare parti molecolari assemblerebbero prodotti molecolari piuttosto rigidi utilizzando metodi più simili a quelli che impiega una macchina da officina  che non a quelli del complesso miscuglio di sostanze chimiche che si trovano in una cellula. Nonostante siano ispirati da sistemi viventi, i progetti attuali devono probabilmente molto più ai loro vincoli progettuali e ai loro obiettivi umani che non ai sistemi viventi esistenti. L'auto replicazione non è che una delle molte capacità che i sistemi viventi esibiscono. Copiare questa unica capacità  in un sistema artificiale lo modificherebbe quanto basta senza che si tenti di emulare le molte altre notevoli caratteristiche dei sistemi naturali.

Complessità dei sistemi auto-replicanti

Se i nostri progetti stanno diventando piuttosto differenti dai sistemi viventi che ci hanno ispirato, qual'è  l'approccio che stiamo cominciando a seguire? Lo studio dei sistemi autoreplicanti artificiali fu approfondito per la prima volta da von Neumann negli anni `40. I lavori successivi, incluso uno studio NASA del 1980, confermarono ed estesero le intuizioni di base di von Neumann. Lavori più  recenti dovuti a Drexler hanno continuato questa tendenza ed applicato questi concetti a sistemi alle scale molecolari. L'autore del documento presente ha anche contribuito a questo studio,  con qualche articolo, compresi i seguenti: Self Replicating Systems and Low Cost Manufacturing, Self Replicating Systems and Molecular Manufacturing and Design Considerations for an Assembler [Sistemi autoreplicanti e manifattura a bassi costi, Sistemi autoreplicanti e manifattura molecolare e considerazioni per il progetto di un Assemblatore]. (Una pagina web sulla autoreplicazione dei sistemi artificiali viene mantenuta da Moshe Sipper ed ha dei collegamenti ipertestuali ad informazioni ed altri riferimenti sul tema).

Una conclusione che si evince da questo corpo di lavori è che la complessità di progetto dei sistemi autoreplicanti non ha bisogno di essere molto grande. Uno dei più semplici "sistemi auto replicanti" è il seguente programma in linguaggio C costituito da una sola linea di codice (quando viene eseguito, esso stampa sullo standard output,  la stessa linea che lo costituisce):

main(){char q=34,n=10,*a="main(){char q=34,n=10,*a=%c%s%c;printf(a,q,a,q,n);}%c";printf(a,q,a,q,n);}

(Da Self-reproducing programs, Byte magazine, August 1980, page 74. Quelli interessati ad una comprensione piu' approfondita del teorema di ricorsione e delle sue applicazioni vedano: Introduction to the Theory of Computation by Michael Sipser, 1996, PWS Publishing Company, chapter 6).

La seguente tabella illustra la complessità progettuale di svariati altri sistemi:

Complessità dei sistemi auto-replicanti(in BIT)

Costruttore Universale di Von Neumann     circa 500.000

"Verme" Internet (Internet worm)         circa 500.000
(stima dovuta a Robert Morris, Jr., 1988)
         
Batterio "Micoplasma genitale"        1.160.140

Batterio Escherichia Coli             9.278.442

Assemblatore di Drexler            circa 100 Milioni

Uomo                        circa 6 Miliardi e 400 Milioni

Attrezzatura proposta dalla NASA
per Manifattura in ambiente Lunare         oltre 100 Miliardi

La stima di complessità di un verme internet è semplicemente una approssimazione del numero di bit costituenti il suo codice in linguaggioC. Per i sistemi biologici la stima è ottenuta moltiplicando per 2 il numero di coppie di basi. Per gli umani, il numero di coppie di basi è da intendersi per il sistema aploide, piuttosto che diploide. La complessità della attrezzatura proposta dalla NASA è tratta dalla relazione di studio: Advanced Automation for Space Missions.

Un Micoplasma Genitale [Ndt- MICOPLASMA: batteri in grado di riprodursi autonomamente, privi di membrana cellulare e che costituiscono agenti di infezioni polmonari e genitali] è il sistema vivente più semplice che possa sopravvivere in un mezzo chimico ben definito. La sua complessità genomica è  di 1.160.140 di bit (il doppio delle 580.070 coppie di basi che sono state sequenziate dal progetto TIGR) quindi inferiore a 150 kilobytes, il che significa circa un decimo della capacità di un tipico dischetto floppy. Il progetto TIGR è  un progetto genoma "minimale"  ossia orientato a stabilire quale sia il numero "minimo" di geni indispensabili ad un sistema vivente  [Ndt- quindi a stabilire quale sia il sistema vivente più semplice possibile]. Sebbene i virus siano ancora più semplici, essi richiedono un sistema vivente da infettare: quindi hanno bisogno che il loro ambiente fornisca loro del macchinario molecolare aggiuntivo. Per questa ragione i virus sono stati esclusi dalla tabella.

La prima osservazione che può trarsi da questi dati è che gli schemi progettuali e le proposte di schemi progettuali più semplici per i sistemi autoreplicanti esistono già e sono ben all'interno dei confini delle attuali capacità di progettazione. Gli sforzi ingegneristici necessari per progettare sistemi di questa complessità saranno sostanziali, ma non dovrebbero essere significativamente maggiori rispetto alla complessità coinvolta nella progettazione di sistemi esistenti come computer, aereoplani, ecc. Una recente proposta è descritta in : "Exponential growth of large self-reproducing machine systems", (Sviluppo esponenziale di grandi sistemi di macchine auto- riproducenti) di Klaus S. Lackner e C. H. Wendt (Mathl. Comput. Modelling Vol. 21, No. 10, pages 55-81, 1995).

Un ultimo punto: l'autoreplicazione è utilizzata qui come un mezzo per un fine e non come fine a se stessa. Un sistema capace di realizzare copie di se stesso ma incapace di realizzare qualunque altra cosa non sarebbe molto utile e non soddisferebbe i nostri obiettivi. Lo scopo della autoreplicazione nel contesto manifatturiero è di permettere un basso costo di replicazione ad un sistema manifatturiero programmabile e flessibile: ossia un sistema che si possa riprogrammare per poter produrre un insieme molto ampio di strutture diverse e precisamente definite. Questo ci permetterebbe di costruire economicamente un insieme molto ampio di prodotti distinti.

Sistemi che funzionano in un ambiente complesso

Se i sistemi artificiali autoreplicanti funzioneranno solo in ambienti artificiali altamente controllati, come potremo sviluppare applicazioni di nanotecnologia che funzionino in ambienti complessi? Per esempio all'interno del corpo umano o (ancora peggio) in uno stabilimento industriale?

Mentre i sistemi autoreplicanti sono la chiave per il basso costo, non è necessario (ed è ben poco desiderabile) far funzionare un tale sistema nel mondo esterno. Infatti, in un ambiente artificiale e controllato questi sistemi possono manifatturare prodotti più semplici e più robusti che in seguito possono essere trasferiti alla loro destinazione finale. I dispositivi medici progettati per operare nel corpo umano non devono essere autoreplicanti: possiamo manifatturarli in un ambiente controllato e poi iniettarli nel paziente al momento del bisogno. Il dispositivo medico risultante sarà più semplice, più piccolo, più efficiente e progettato più precisamente per lo specifico compito da svolgere, rispetto ad un dispositivo progettato per assolvere la stessa funzione e che sia autoreplicante. Questa conclusione dovrebbe tenersi presente in generale: ottimizzare il progetto di un dispositivo in relazione alla funzione desiderata, produrre il dispositivo in un ambiente ottimizzato per la sua manifattura e quindi trasportare il dispositivo dall'ambiente di produzione a quello in cui deve svolgere il compito specifico per cui è stato progettato. Un singolo dispositivo capace di fare tutte queste cose assieme sarebbe più difficile da progettare e risulterebbe infine meno efficiente.

Conclusioni

L'auto replicazione è un percorso efficace verso un'autentica manifattura di basso costo. Le nostre intuizioni riguardo i sistemi autoreplicanti, derivate dai sistemi biologici che ci circondano, sono probabilmente fonte di gravi equivoci riguardo le proprietà e le caratteristiche dei sistemi artificiali autoreplicanti progettati per scopi manifatturieri. I sistemi artificiali capaci di realizzare un insieme ampio di prodotti non biologici (ad esempio, diamanti) e sotto il controllo di una opportuna programmazione, saranno probabilmente più fragili e meno adattabili rispetto ai sistemi biologici per quel che riguarda le loro risposte alle modifiche al loro ambiente. Allo stesso tempo, essi potrebbero essere più semplici nella realizzazione e più facili da progettare. La complessità di tali sistemi non ha bisogno d'essere eccessiva rispetto a quelli che sono gli attuali standard ingegneristici.


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