L'Imperativo Edonistico
di David Pearce

La versione originale di The Hedonistic Imperative

Traduzione a cura di Vincenzo Battista



PRESENTAZIONE

Il presente manifesto delinea una strategia biologica per sradicare la sofferenza dall'intera vita senziente. L'agenda post-darwiniana è ambiziosa, incredibile, ma tecnicamente fattibile. In questo manifesto essa viene difesa su basi di utilitarismo etico. La nanotecnologia e l'ingegneria genetica ci consentono di mettere da parte il wetware ereditato dal nostro passato evolutivo. Possiamo riscrivere il genoma dei vertebrati, riprogettare l'ecosistema globale e abolire la sofferenza dall'intera estensione del mondo vivente.

I meccanismi metabolici del dolore e del malessere si sono evoluti solo perché sono al servizio dell'implicita ricerca di adattamento dei nostri geni all'ambiente ancestrale originario. Questi meccanismi possono essere rimpiazzati da un tipo di architettura neurale radicalmente differente. Una felicità estesa su una lunga vita, e di una intensità che attualmente è psicologicamente inimmaginabile, può divenire la norma pre-programmata della salute mentale. Qui viene offerta una bozza di ipotesi riguardo a "quando" e "perché" è probabile avvenga questa importante transizione evolutiva della storia della vita. Le possibili obiezioni, sia di natura morale che di natura pratica, verranno qui sollevate e respinte.

Le immagini di tossicodipendenza da oppiacei, così come quelle di topi di laboratorio che premono freneticamente il pulsante che rilascerà stimoli piacevoli attraverso i loro innesti intracraniali, sono fuorvianti. Tali stereotipi stigmatizzano e discreditano ingiustificatamente l'unica terapia biologicamente realistica per gli orrori del mondo e per lo scontento di tutti i giorni. Tali equivoci ostacolano lo sviluppo sociale ed intellettuale verso una felicità perpetua in quanto non c'è affatto bisogno di situazioni di questo tipo. Gli stati iper-dopaminici, per esempio, possono intensificare l'attività finalizzata al raggiungimento di un obiettivo. Gli stati iper-dopaminici possono anche accrescere la gamma e la varietà delle azioni tramite cui un organismo ricava gratificazioni. Per cui, ai nostri discendenti sarà possibile vivere in una civiltà di individui ben motivati e dotati di grandi capacità di raggiungimento degli obiettivi che essi si saranno prefissi, individui che al contempo saranno spinti e animati da innumerevoli gradienti di estasi. La loro produttività eclisserebbe di gran lunga la nostra.

E' anche possibile che un'epoca più illuminata vedrà il nostro sospetto verso l'ingegneria del paradiso come una patologia cognitiva congruente col nostro umore. L'ostilità istintiva verso la prospettiva del potenziamento genetico finalizzato al benessere è comune fra gli individui emozionalmente primitivi della nostra era.

Duecento anni fa, prima dello sviluppo di potenti soppressori del dolore o anestetici chirurgici, la nozione che il dolore "fisico" potesse essere bandito dalle vite della maggioranza della gente  sarebbe sembrata non meno bizzarra. La maggior parte di noi, nell'occidente industrializzato e urbanizzato, considera invece oramai garantita l'assenza giornaliera del dolore. Anche quella particolare condizione che potremmo descrivere come dolore "mentale" potrebbe, un giorno, essere soppiantata in maniera altrettanto contro-intuitiva. La possibilità tecnica della abolizione del dolore trasforma la sua eventuale non applicazione deliberata in una questione di condotte politiche politiche e di scelte etiche.

Capitolo 0 - INTRODUZIONE

"La felicità è un'illusione; solo la sofferenza è reale."  Voltaire
0.1 - La naturalizzazione del Paradiso

Questo manifesto combina il sostegno ad una utopia inverosimile con una fredda e lucida predizione sociale. L'Imperativo Edonistico delinea il modo in cui nanotecnologia e ingegneria genetica elimineranno le esperienze avverse dal mondo vivente. Nell'arco dei prossimi mille anni o giù di lì, il substrato biologico della sofferenza sarà completamente sradicato. Il dolore "fisico" e quello "mentale" sono destinati in egual misura a scomparire dalla storia evolutiva. Anche la biochimica del malcontento quotidiano verrà progressivamente disabilitata. Al posto loro, materia ed energia verranno modellate in super-esseri perpetuamente amanti della vita. I loro stati mentali saranno probabilmente incomprensibilmente diversi da quelli odierni. Tuttavia, tali stati condivideranno quantomeno una caratteristica comune: una felicità sublime e omni-pervasiva.

Questa sensazione di assoluto benessere surclasserà qualsiasi cosa a cui l'attuale neurochimica e l'attuale immaginazione umana possano avere accesso, o addirittura sopportare. La storia otterrà di meglio. Stati post-umani di gioia quasi magica saranno biologicamente distillati, moltiplicati e indefinitamente intensificati. Le nozioni di ciò che attualmente viene considerata una tollerabile "buona salute" mentale diverranno di gran lunga sorpassate. Tali nozioni saranno reinterpretate come patologie cognitive intrinsecamente connesse alla primordiale psiche Darwiniana. Pensieri e sensazioni sgradevoli saranno diagnosticati come tipici delle tragiche vite degli esseri emozionalmente primitivi di un'era precedente. Col tempo, il deliberato ripristino dell'attuale spettro di stati caratterizzato dall'alternanza di normale veglia e stati onirici, potrebbe essere dichiarata fuorilegge in quanto crudele ed immorale.

Al momento, tali speculazioni potrebbero apparire fantasiose. E tuttavia le idee di questo manifesto potrebbero, un giorno, essere considerate intellettualmente banali - nonostante sembrino oggi moralmente urgenti. Quello che un tempo sarebbe stato materiale per una fantasia millenarista, comincia ora a divenire un perseguibile programma di ricerca scientifica. La scelta fra la sua adozione o il suo rigetto si porrà, in ultima analisi, come una questione di politica sociale. Nelle ere a venire, passivamente o attivamente, avremo solo da scegliere quanto dispiacere desideriamo creare o conservare, o se vogliamo eliminarlo del tutto.

0.2 - Salvare i veicoli dai loro pessimi guidatori

Cieche pressioni selettive hanno agito sugli organismi viventi per centinaia di milioni di anni. L'evoluzione Darwiniana ha possentemente favorito lo sviluppo di diversità sempre maggiore, ma atrocemente ha anche favorito lo sviluppo di varietà di dolore fisico più adattattive. L'assoluta sgradevolezza di tale dolore sprona e punisce efficacemente i "veicoli" viventi dei replicatori genetici. Tristezza, ansia e malessere sono spesso condizioni instaurate a beneficio dei nostri geni;  esse sono psicologicamente deleteri solo per noi. In misura assoluta, la sofferenza globale è destinata probabilmente ad aumentare al persistere dell'attuale esplosione demografica. L'ingenuità umana si è affannata, spesso vanamente, a razionalizzare ed in qualche modo a derivare un valore da attribuire alle più terribili angosce. Ma lungo gli eoni, l'angoscia reale che ad intermittenza ha corroso il benessere degli organismi individuali, ha invece - in gradi diversi - promosso l'idoneità implicita del loro DNA. Quindi, la tendenza è stata che l'angoscia divenisse inesorabilmente peggiore.

Ovviamente questa tetra predestinazione non esaurisce l'intero scenario. Gli orrori del mondo possono essere contrastati da esperienze di vita più gratificanti. La gente talvolta si diverte. La depressione di lungo corso è di rado adattativa.  Tuttavia, ciò che Michael Eysenck definisce "la routine edonista" assicura che ben pochi di noi possano essere molto felici per molto tempo. L'interazione fra meccanismi di feedback negativo crudelmente efficaci è costantemente al lavoro nel sistema nervoso centrale. L'inibizione di questi meccanismi farebbe si che la maggior parte della gente risulterebbe periodicamente annoiata, depressa, o sopraffatta dall'ansia, in un eventuale Giardino dell'Eden ricreato.

Sono una piccola minoranza coloro che provano stati di euforia dalla durata indefinita. Questi stati di involontario benessere vengono solitamente considerati patologici, e classificati come stati "maniacali". A differenza della "depressione unipolare", una intensa "maniacalità unipolare" è molto rara. Altre persone, che semplicemente hanno delle alte "soglie di attivazione edonistica" ma che non sono né maniache né bipolari, sono invece talvolta descritte come ipertimiche. Non si tratta, comunque, di una condizione mentale molto comune. Ma è anche vero che episodi isolati di "disordine bipolare" vengono sperimentati nel corso della vita da forse una persona su cento, o più. Più comunemente noto come depressione maniacale, il disordine bipolare si presenta in svariati sottotipi. Le caratteristiche umorali si alternano fra euforia e disperazione abietta. I cicli d'alternanza variano in durata. E' una complessa condizione genetica trasmessa da una generazione all'altra. Tipicamente, la "bipolarità" è caratterizzata da una variazione genetica nel vettore della serotonina rispetto alla sua norma eutimica. La serotonina è un neurotrasmettitore coinvolto nella dinamica del sonno, nelle capacità sociali, nell'alimentazione, nell'attività dell'individuo, nel suo umore, e in tante altre caratteristiche. Il vettore della serotonina assorbe la serotonina in eccesso che le cellule nervose rilasciano fra le sinapsi. In breve, gli stati maniacali sono associati ad una condizione di incrementata efficacia della funzionalità di dopamina e norepinefrina; la funzionalità della serotonina, in queste circostanze, è sregolata o comunque di bassa efficacia.

Tristemente, le odierne esuberanze maniacali "bipolari" possono sfuggire ad ogni forma di controllo. L'euforia potrebbe essere accompagnata da iperattività, insonnia, insorgenza caotica di idee, difficoltà di parlare e manie di grandezza. Iper-sessualità, eccessi finanziari e delusioni religiose sono comuni. E altrettanto dicasi di una rampante egomania. A volte si verifica anche la disforia. Nella mania disforica, lo stato maniacale "alto" è davvero spiacevole. Il soggetto eccitato potrebbe essere affamato, agitato, in preda al panico, paranoico e distruttivo. Chi si trova stretto nella morsa della classica mania euforica, comunque, non sospetta neanche che chi gli sta intorno  possa notare qualcosa che non và. E questo perché il soggetto avverte intensamente che tutto è perfettamente in ordine. Riuscire ad ipotizzare il contrario, sarebbe come essere entrati in paradiso per poi essere invitati a convincersi che si tratta solo di un equivoco. Non è credibile.

Oggi, l'euforia (ipo)maniacale può solo, in mancanza di alternative disponibili, essere attenuata clinicamente tramite l'uso di opportuni farmaci. [Ipomania: il prefisso "ipo" denota semplicemente una mania di intensità moderata]. Opportuni medicinali, purtroppo tossici, possono abbattere i livelli umorali più elevati, appiattendoli su torpidi livelli "normali". Questi livelli emozionali più blandi, nonché apparentemente più salutari, mettono in condizione persone altrimenti euforiche di funzionare all'interno della attuale società. L'arrendevolezza verso un regime di trattamento terapeutico dettato dai medici (litio, sodio valproato, carbamazepina, ecc.) può essere accresciuta se si riesce a persuadere la vittima del fatto che il benessere euforico è patologico. Lui (o lei) può allora vigilare su se stesso per avvertirne precocemente segni e sintomi. Ma per quella che, per la nostra posterità geneticamente potenziata, sarà la "norma", sono invece tutti gli altri ad essere cronicamente malati, per non dire di peggio. Gli standard attuali di salute mentale sono ancora patologicamente bassi. I nostri discendenti superlativamente sani, beneficeranno al contrario di un glorioso spettro di nuove opzioni. Essi potrebbero scegliere, per esempio, di combinare la stabilità emozionale, la resilienza e la serenità fornite dalla serotonina, con l'ottimismo ed il vigore orientati al raggiungimento di obiettivi e dettati da un grezzo stato dopaminico "alto". I post-umani scopriranno che le esperienze associate ai picchi d'euforia possono essere incanalate, controllate, nonché geneticamente diversificate, e non soltanto medicamente soppresse.

Ma qui ci troviamo di fronte a una crudele ironia. I peggioramenti dell'umore clinicamente prescritti potrebbero risultare ridicolmente ridondanti per la maggior parte della gente. Attualmente, la vita di miliardi di esseri umani geneticamente "normali" è infatti molto brutta. Né una qualsiasi quantità di piccoli passi di riforma politica o economica, né una radicale re-ingegnerizzazione della società, possono riuscire a superare questa realtà biologica. Oggi, mille potenziali percorsi verso la felicità duratura sono orientati verso l'inseguimento di innumerevoli ed effimeri oggetti intenzionali. [L'intenzionalità, parlando in termini filosofici, è intesa qui come pensiero indirizzato verso un preciso oggetto]. Convinciamo noi stessi che il modo in cui le cose accadono o si presentano, potrebbe potenzialmente renderci felici. Tutte queste strade periferiche non sono altro che circuiti lunghi ed inefficienti. Quel che è rilevante davvero è che queste strade non funzionano e non possono funzionare in modo duraturo. Nella ipotesi migliore, esse possono servire come palliativi superficiali per la situazione umana. Se il termostato emozionale della mente/cervello, per così dire, non viene geneticamente e farmacologicamente reimpostato, anche i trionfi e i successi più grandi finiscono in cenere. Vincitori di lotterie o di medaglie olimpiche e  beati sposi novelli, si ritrovano prima o poi a riscoprire tale realtà. Anche quelli di noi che tendono a condurre una esistenza di relativa felicità quotidiana, nel corso della propria vita dovranno affrontare disgrazie e dispiaceri enormi.

Sarebbe un errore tentare di estrapolare proiettando indefinitivamente nel futuro tendenze passate e presenti. In genere, noi partiamo dal presupposto che la nostra discendenza - che sarà comunque diversa da noi sotto altri aspetti - sarà biologicamente soggetta a soffrire di stati di coscienza negativi. Partiamo dal presupposto che le generazioni future potranno occasionalmente provare la sofferenza, una sofferenza capace di presentarsi in forme tanto grossolane che sottili, proprio come capita a noi stessi. E tuttavia questa assunzione potrebbe essere ingenua. Le basi neurochimiche delle sensazioni e delle emozioni vengono rapidamente svelate. Il genoma umano sta per essere decodificato e riscritto. Nelle epoche a venire, scegliere se certe sgradevoli modalità di coscienza debbano essere generate o no, sarà semplicemente una questione di scelta (post-)umana. Le esperienze sgradevoli sono un sinistro anacronismo. Dovremo decidere se dover infliggere sofferenza a noi stessi e agli altri. Una terribile, ma finora inevitabile, caratteristica della vita organica, diviene ora una materia di discussione per una scelta morale attiva. E questa scelta può anche essere declinata.

0.3 - Gli uomini non sono ratti

Una possibilità, sebbene non un'opzione che possa venir discussa in questa sede, è che nel liberarci dall'eredità da incubo lasciataci dal nostro passato genetico, potremmo scegliere  di godere per tutta la vita del consumo passivo di una grezza e omni-distruttiva estasi orgasmica. Tale estasi non dovrebbe necessariamente essere diretta intenzionalmente verso un oggetto specifico. Noi -o più probabilmente i nostri discendenti serviti da robot- non avremmo bisogno di qualcosa in particolare per essere estatici. La nostra natura sarebbe estatica per costituzione. Una euforia geneticamente pre-programmata dovrebbe essere tanto naturale ed inevitabile quanto lo è l'atto di respirare. Dovremmo semplicemente essere felici di essere felici.

L'immagine centrale in questo scenario è forse l'equivalente umano degli esperimenti condotti con  stimolatori intracraniali nei ratti. Si possono impiantare degli elettrodi direttamente nei centri di piacere della mente/cervello dei ratti. Tali centri di piacere risiedono nel sistema meso-limbico dopaminico, il nucleo della circuiteria cerebrale dei meccanismi di ricompensa. Il sistema si estende dal tegmento ventrale mesencefalico al nucleo caudato, con proiezioni nel sistema limbico e nella corteccia orbitofrontale. Notoriamente, i ratti cablati indulgeranno in frenetiche sessioni di autostimolazione intracraniale per giornate intere. L'esperienza è così meravigliosa che si guadagna la precedenza sul bisogno di cibo e sonno. E' preferibile persino al sesso. I ratti non hanno bisogno di confrontarsi con esperienze spiacevoli per apprezzare quelle eccellenti. Divengono piccoli fagottini di gioia, apparentemente incapaci di annoiarsi in quello che è l'equivalente del Paradiso dei roditori, e incapaci di sviluppare una tolleranza fisiologica ad esso.

Tali esempi animali sono tutt'altro che edificanti per chiunque eccetto che per i più sfrenati edonisti. Tuttavia, una ingegnerizzazione molto più sottile, controparte umana della euforia dei ratti, è perfettamente fattibile. Nei tempi a venire, qualsiasi sostanza capace di massimizzare le sensazioni di piacere e di estasi, verrà usata sulla base di scelte affidate alla libertà personale, per esercitare quella che, in un senso utilitaristico, è una legittima scelta del proprio stile di vita.

L'opzione di "cablaggio mentale", in ogni caso, è solo una di quelle disponibili nell'ambito di un menù molto vasto. Sfortunatamente è anche la più facilmente visualizzabile. Ed ecco che lo spettro dell'auto-stimolazione intracraniale verrebbe preso, a torto, come simbolo dell'intero approccio avanzato da L'Imperativo Edonostico. L'effettiva sostanza etica che è alla base della proposta di questo manifesto potrebbe quindi venir liquidata fin troppo facilmente. Gli uomini, lo ribadiamo solennemente, non sono ratti.

0.4 - Vita in stato di overdose dopaminica

Un punto che vale la pena sottolineare nella discussione seguente, è che molti stati euforici creati dalla dopamina possono effettivamente rinforzare, parlando in generale, il comportamento finalizzato al raggiungimento di uno scopo. La funzione di rinforzo dopaminico fa sì che la motivazione individuale agisca più intensamente, e non più debolmente. Gli stati iper-dopaminici tendono anche ad allargare lo spettro di attività che un organismo considera come valevoli di perseguimento. Al di là del piacere indotto in condizioni controllate di laboratorio, tali stati di bisogno si focalizzano su una quantità innumerevole di differenti oggetti intenzionali. Sicché il futuro dell'umanità, così come è concepito in questo manifesto, non consisterà, o certamente non consisterà solo, in una eternità spesa nell'incanto di un magico super-soma ottenuto da un elisir o dal rifornimento continuo di macchine di piacere con miscele ad alto numero di ottani. E nemmeno è plausibile che i posteri godranno solo della intorpidita sensibilità oppiacea del tossicodipendente. Invece, è più probabile che essi perseguiranno una gamma straordinariamente fertile di attività propositive e produttive. Ancora meglio, i nostri discendenti, e forse in linea di principio anche i più anziani fra noi, avranno la possibilità di godere di modalità d'esperienza delle quali noi primitivi, crudelmente, manchiamo totalmente. A loro saranno offerte visioni di una bellezza molto più maestosa, musica capace di stimolare emozioni molto più profonde, sesso molto più squisitamente erotico, epifanie mistiche molto più suggestive, ed amore molto più profondamente inteso di qualsiasi cosa possiamo propriamente comprendere attualmente.

Per prima cosa, illustrerò schematicamente i motivi per cui un paradiso secolare e naturalistico di eterna felicità sia biotecnologicamente realizzabile. Per seconda, discuterò del perché la sua realizzazione è strumentalmente razionale ed eticamente imperativa. Per terza, offrirò un'ipotesi di risposta riguardo il "quando" e il "come" sia probabile che un tale scenario possa presentarsi in una forma o un'altra. E finalmente, proverò ad anticipare qualcuna delle probabili obiezioni più comuni, se non proprio più convincenti, che la prospettiva del nirvana psicofarmacologico potrebbe sollevare, e tenterò di argomentare risposte adeguate a rigettarle.

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