L'uomo oltre l'uomo. Le conseguenze della rivoluzione biotecnologica, di Francis Fukuyama
Recensione di Cosimo Pacciolla
Originariamente pubblicato su www.grafifoto.com sezione Postumano




L'ultimo lavoro di Fukuyama, il cui titolo originale è Our Posthuman Future, ha il merito, a nostro avviso, di costituire un interessante esempio di quello che potrebbe essere un nuovo modo di porsi di fronte alle questioni relative al pensiero postumano. Abbandonando, almeno dal punto di vista metodologico, la trita dialettica dei pro o contro le nuove tecnologie, Fukuyama s'interroga sulle possibilità che queste ultime hanno di modificare il nostro approccio all'idea stessa di politica. In particolare, si chiede in che modo si possa continuare a parlare di politica nei termini in cui fino ad oggi siamo stati avvezzi a fare, all'interno di un mondo che si pone nella condizione di abbandonare non solo teoricamente, ma anche praticamente, l'idea stessa di "una natura umana". Questo perché, come sostiene lo stesso autore nelle ultime pagine del libro: "finora la libertà politica ha significato il diritto di perseguire le finalità stabilite per noi dalla natura".

Che ne sarà, dunque, dell'uguaglianza politica degli uomini ereditata dalla modernità, e su cui si fondano le nostre società liberali, se quella biologica dovesse venire meno?

Sia chiaro che l'autore non intende fare del terrorismo ed anzi, alla luce dei suoi studi sui limiti posti alla manipolazione genetica dalla maggior parte dei paesi occidentali, può affermare "che un'alterazione rilevante della natura umana nel prossimo futuro sia un'eventualità molto improbabile". Ma, d'altro canto, non è necessario pensare al caso estremo della manipolazione genetica per comprendere che ogni qual volta ci s'interroga sulla possibilità di applicare all'uomo gli esiti di ricerche in campo biotecnologico, ci si sta di fatto domandando se la natura umana esista e quale debba essere eventualmente il suo destino. Infatti, posto che ci si accordi sulla sua esistenza, sarebbe sempre possibile e non contraddittorio chiedersi: perché non cambiarla?

Ma, proprio nelle risposte fornite dall'autore a questo e ad altri interrogativi da lui stesso acutamente sollevati, maturano alcune nostre perplessità sul rigore metodologico adottato. Infatti, le risposte sembrano precedere in modo così eclatante le domande, che si ha il sospetto che queste ultime siano piuttosto un pretesto per l'affermazione di quelle. Ed è per questo che, se dell'impianto problematico apprezziamo la lucidità e la lungimiranza, restiamo un po' scettici rispetto ai più o meno espliciti, quanto opinabili, richiami ai soliti "valori sociali importanti" prospettati nelle risposte e già oggetto di studio di altri lavori di Fukuyama, come nel caso del precedente: La grande distruzione. La natura umana e la ricostruzione di un nuovo ordine sociale.

Tali richiami ai valori sociali condivisi ci appaiono opinabili non tanto dal punto di vista del contenuto, quanto, come si è già detto, dal punto di vista metodologico, per il fatto che, costituendo essi stessi parte in causa di una interrogazione sul futuro della politica, non possono esserne contemporaneamente i giudici imparziali; cosa che, per altro, dovrebbe essere ben presente ad un autore come Fukuyama che ha dedicato buona parte dei suoi lavori alla comprensione dei cambiamenti culturali in atto nelle società occidentali.

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Francis Fukuyama,
L'uomo oltre l'uomo. Le conseguenze della rivoluzione biotecnologica,
Mondadori, Torino, 2002,
pp. 343,
euro 17,80

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Francis Fukuyama (Chicago 1952) insegna economia politica internazionale alla Jones Hopkins University. Dal 2002 è membro del Council of Bioethics, organo della presidenza degli Stati Uniti. Vive a McLean, Virginia. Tra le sue opere ricordiamo: La fine della storia e l'ultimo uomo (Rizzoli 1992), Fiducia (Rizzoli 1996) e La grande distruzione. La natura umana e la ricostruzione di un nuovo ordine sociale (Baldini&Castoldi 1999). [Dalla copertina]



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