Vivrò per sempre

Immortalità e allungamento della vita non sono più temi affrontati solo da miti e religioni. La realizzazione che il corpo è una macchina ne implica la riparabilità e traghetta la ricerca di immortalità ed eterna giovinezza dal luogo del mito a quello del possibile e finalmente anche la grande stampa lo affronta seriamente. Un perfetto esempio di questa tendenza è questo straordinario articolo del Sunday Times che offre una panoramica dello stato dell'arte e dimostra una sorprendente apertura mentale.

I'm going to live forever, sul sito del Sunday Times

Alcuni estratti dall'articolo e qualche commento:

Da qualche parte vive una bambina che cambierà il mondo. Immaginiamo che si chiami Sally e che oggi sia il suo undicesimo compleanno. Sally vive nella cittadina di Esher, nel Surrey [Gran Bretagna]. I suoi parenti sono felici e benestanti e tutti i suoi nonni sono ancora vivi e in buona salute. Questa descrizione non è casuale: Sally è una bambina perchè le donne vivono in media cinque anni in più degli uomini; ha 11 anni perchè a quell'età ha superato le malattie dell'infanzia; vive a Esher perchè è una delle aree con le aspettative di vita più alte in una delle nazioni più ricche del mondo; infine, i suoi nonni sono vivi e quindi la longevità è tipica in famiglia. Secondo le previsioni correnti, Sally può aspettarsi di vivere almeno fino agli ottant'anni, ma non sarà così, perchè Sally non morirà fino al 3194.

Intorno al 2013, Sally sarà all'università e sentirà parlare di uno sconvolgente esperimento fatto su un topo di due anni, sottoposto ad una serie di trattamenti per sopprimere la divisione cellulare e rimuovere l'accumulo di residui cellulari. Aree critiche in cui si verificano perdite di cellule, come il cuore e il cervello, sono state trattate e ringiovanite con cellule staminali. Il DNA del nucleo e dei mitocondri è stato manipolato per evitare dannose mutazioni. L'esperimento è cominciato nel 2010 e il topo ha ormai cinque anni ed essendo un topo normale, avrebbe dovuto morire all'età di tre anni, quasi sicuramente di un tumore (si noti che,  geneticamente, topi ed esseri umani sono sorprendentemente simili).

La società è trasformata da questa notizia. L'opinione pubblica mette sotto  pressione i governi e questi inondano di finanziamenti il settore della ricerca medica, ora visto come in grado di offrire un significativo allungamento della vita, se non l'immortalità stessa. La gente comincia a prendersi cura di sè in modo maniacale, evitando sport pericolosi, sigarette, alcool in eccesso, zucchero, carni rosse e tenendosi in forma. Tutti vogliono vivere sufficientemente a lungo da poter vivere per sempre. E infatti, nel 2035, quando Sally ha 41 anni e comincia a notare i primi sintomi dell'invecchiamento che da sempre affliggono l'umanità, i primi trattamenti divengono disponibili. Sally è fra i primi ad utilizzarli e presto dimostra non più di trent'anni e, con il passare degli anni, continue terapie fanno in modo che non invecchi. Sally è divenuta, in pratica, il primo immortale.

Si noti che, nonostante ciò, la nostra Sally non sarebbe immune da incidenti: Steven Austad ha calcolato che la vita media di un essere umano "immortale" sarebbe limitata a circa 1200 anni, proprio a causa degli incidenti (si noti che l'articolo del Times non si spinge fino a considerare la prospettiva dell'uploading che potrebbe divenire una realtà nel corso della lunga vita di Sally. L'arrivo di tale tecnologia offrirebbe varie e controverse soluzioni al problema degli incidenti).

Due terzi delle centinaia di migliaia di persone che muoiono ogni giorno al mondo, muoiono di vecchiaia, o di malattie legate all'invecchiamento. E' tutto ciò una parte  inevitabile della nostra umanità, o si tratta di un problema da affrontare e risolvere, si chiede giustamente il giornalista del Times? "Se, come insegna la tradizione occidentale, ogni vita umana ha un valore intrinseco, non dovremmo fare di più per fermare questa orrenda carneficina?"

Aubrey de Grey è generalmente riconosciuto come il principale teorico delle tecnologie anti-invecchiamento, o per utilizzare il termine da lui creato, le Strategie per l'Ingegnerizzazione di una Senescenza Negligibile. La storia di Sally è stata ispirata al giornalista dalla convinzione di de Grey che il primo essere umano destinato a raggiungere i mille anni di vita sia già fra noi e che il "segreto" della longevità estrema sia semplicissimo: più a lungo vivrai, più opportunità avrai per vivere ancora più a lungo, grazie alle nuove tecnologie che emergeranno nel frattempo (un concetto simile è stato popolarizzato da Ray Kurzweil con la teoria dei "tre ponti" verso l'immortalità fisica in Viaggio Fantastico - NdR).

La strategia di de Grey è basata sull'intuizione che per riparare quella macchina straordinaria, ma pur sempre macchina, che è il corpo umano, sarà necessario  intervenire "solo" su pochi specifici fattori fondamentali: rimpiazzando le cellule perse con l'età o, per esempio, con il Parkinson; fermando la replicazione cellulare incontrollata, tipica dei tumori; prevenendo le mutazioni genetiche nel nucleo e nei mitocondri; rimuovendo la "spazzatura cellulare" che si accumula nelle cellule e fra le cellule; eliminando i cross-links fra proteine e zuccheri che, fra le altre cose, fanno perdere elasticità alla pelle. "Abbiamo una discreta idea di come intervenire su tutti questi fattori" sostiene de Grey "e alcuni di questi interventi sono già in prove cliniche. Il bello è che non è necessaria una cura completa per tutti i fattori. Per esempio, non è necessario eliminare completamente la 'spazzatura cellulare' per bloccarne l'effetto invecchiante."

L'idea dell'organismo come macchina indefinitivamente riparabile è un'idea che ha cominciato ad essere accettata solo recentemente. Il merito è anche di Tom Kirkwood, dell'Università di Newcastle e della sua teoria del "disposable soma" (o soma "usa e getta"): dal punto di vista dei nostri geni, noi altro non siamo che dispositivi per la  loro trasmissione alla generazione futura. Una volta raggiunto tale scopo (o superata l'età in cui lo scopo è perseguibile), non ha più senso investire ulteriori energie nel mantenere il corpo in salute e comincia quindi il declino. I geni che si occupano della "manutenzione" diventano pigri e, infine, una malattia o l'altra ci dà la spallata finale… Eppure, sostiene John Harris, professore di bioetica all'Università di Manchester, "in principio, non c'è ragione per cui dovremmo morire. Kirkwood ci ha fatto cambiare idea sul fatto che la nostra storia evolutiva ci abbia programmati per  invecchiare e morire." L'articolo cita di nuovo Kirkwood al proposito: "L'aspettativa di vita massima non è regolata da un qualche orologio - è malleabile."

Le ripercussioni pratiche della possibilità di intervenire su questa malleabilità saranno drastiche: secondo de Grey, l'arrivo del primo topo da laboratorio "immortalizzato" spingerà "la gente a votare a favore di enormi finanziamenti tesi ad accelerare la ricerca e ad adattare gli interventi agli esseri umani […] e ad educare l'enorme quantità di personale medico necessario ad amministrare tali terapie, quando arriveranno. L'idea stessa di sconfiggere la morte, non è rivoluzionaria solo dal punto di vista medico, ma anche da quello sociale, politico, psicologico, filosofico ed economico. In sintesi, rappresenta la fine dell'umano". Da sempre ci dedichiamo ad escogitare elaborate strategie tese a  giustificare o a ignorare la morte: persino i Nearderthal avevano riti funebri e le religioni da sempre promettono l'immortalità in un altro mondo. Secondo il filosofo Roger Scruton, l'intera civiltà umana potrebbe essere descritta come un tentativo di dare un senso alla morte. Oggi, rimanere giovani è la nuova religione, praticata con diete e cosmetici. La scienza ha relativizzato la morte: una volta essa era definita come il momento in cui il cuore cessa di battere, ma oggi la definizione di morte si basa sulla morte cerebrale. La morte altro non è, ormai, che il punto in cui le conoscenze mediche correnti si fermano.

Ma se non moriremo, cosa saremo? Saremo ancora esseri umani? Le obiezioni di Francis Fukuyama all'arrivo del post-umano sono ben note e Leon Kass sostiene che anche se i nostri corpi sopravvivessero mille anni, le nostre memorie non potrebbero fare altrettanto. Il risultato sarebbe la mancanza di continuità psicologica fra chi siamo oggi e chi saremmo fra mille anni (val la pena di aggiungere che Kass sostiene anche che la morte sia ciò che dà senso alla vita e di menzionare che  il già menzionato uploading potrebbe offrire delle risposte a questo dilemma). Altri, però, sono più ottimisti. John Harris sostiene che "non è importante essere umani. Io non ho un particolare attaccamento alla mia specie. Ci siamo evoluti dalle scimmie e […] non c'è motivo per cui non dovremmo evolverci in qualcos'altro." E alla preoccupazione di Kass risponde facendo notare che non possiamo ricordare molto di quando avevamo, per esempio, tre anni, ma nonostante ciò sappiamo di aver avuto tre anni e abbiamo fotografie, vecchi giocattoli e i  ricordi dei nostri parenti, che lo provano. "L'immortalità potrà essere strana, ma non necessariamente molto più strana delle vite che conduciamo oggi."

L'articolo si conclude con alcuni paragrafi dedicati a "Fantastic Voyage" di Ray Kurzweil e Terry Grossman (di cui ci siamo già occupati su Estropico e di cui pubblichiamo la traduzione del primo capitolo). Parlando degli autori di "Fantastic Voyage", il giornalista  si chiede quali alternative all'oblivio siano a disposizione dei non-religiosi, a parte l'estensione della vita. Ottima domanda... L'autore conclude riflettendo che, se e quando l'immortalità fisica sarà realizzata, le "risposte tradizionali saranno messe da parte in quanto miti ingannevoli, tentativi di razionalizzare la tragedia [della morte] e di interpretarla come un bene. Miti creati quando l'inevitabilità della morte era data per scontata. Ma se la morte non è inevitabile, tutti questi miti non hanno senso. Non saremo più stupidi mortali, ma saggi immortali. Non saremo più umani, ma saremo divenuti quegli dei che vogliamo essere da quando, nel 1609, Galileo ha dimostrato che l'astronomia della Chiesa era sbagliata e che quella corretta era quella della ragione. Solo gli incidenti, il pianoforte dei cartoni animati che ci cade sulla testa, o un asteroide,  potranno negare le nostre ambizioni."

"Ecco l'immortalità, l'ultimo prodotto di consumo, presto disponibile nella farmacia sotto casa."




Estropico