Il progresso alleato della giusta ecologia

Di Carlo A. Pelanda

Negli anni '60 e '70, quando l'attenzione sull'ecologia era inesistente, la nascita dei movimenti ambientalisti nel mondo occidentale fu un evento indiscutibilmente utile ed innovativo. Fece nascere una cultura politica consapevole dei requisiti di compatibilità tra attività umane e cicli naturali. Le prime battaglie dei verdi furono eroiche e sacrosante contro un mondo industriale e politico che ciecamente perseguiva i propri interessi senza curarsí degli effetti negativi dello sviluppo sulla salute umana e sull'ambiente. E - qui il punto - tanta era l'arretratezza culturale del loro avversari che furono percepiti come secondari i modi fondamentalisti e l'inconsistenza scientifica dell'ideologia verde. Ma ora che gli ambientalisti influenzano direttamente o indirettamente i governi dell'Occidente, ed il loro effetto conservatore comincia a farsi sentire pesantemente sui processi di sviluppo tecnologico, va aperta una campagna di chiarificazione su quale sia la "giusta ecologia". Quella dei verdi non lo è.

Il movimento ambientalista occidentale è più un contenitore di tante correnti ideologiche diverse che non un paradigma unico. Ma tutta questa varietà ha alcune caratteristiche comuni: l'anticapitalismo, l'antiumanesimo, la sfiducia nel progresso tecnologico. Che derivano dai tre grandi filoni politico-culturali che, ad un certo punto, si sono incrociati nell'ambientalismo. Il più raffinato nasce da élite accademiche che hanno interpretato le tragedie del Novecento come segnale che l'umanità non sia matura per gestire il progresso tecnico. Da qui emerge la visione che il domani non potrà essere meglio dell'oggi. E che quindi bisogna fermare tutto al presente, impedire la futurizzazione tecnologica. Un altro filone (maggioritario in Europa e minoritario in America) è costituito dai rivoluzionari rossi dei '60 ruggenti che, sconfitto il marxismo antagonista, hanno voluto continuare in altro modo la lotta anticapitalista. Ed hanno usato il "verdismo" vedendolo come strumento simbolicamente potente per abbattere il sistema. Sono i "verdi fuori, ma rossi dentro" (da noi prevalenti). Il terzo filone può dirsi "eco mistico" (maggioritario in America). una religione emergente - un po' New Age e un po' neobuddista - dove la Natura, Madre Terra, è deificata. L'uomo deve essere solo una parte di essa e non quella dominante, cioè restare succube di qualcosa che non è umano. Appunto, post-umanesimo e fine della centralità antropica sancita dalla religione cristiana.

Questi tre programmi, pur diversi tra loro, convergono nella comune politica di bloccare, sabotare, ritardare, demonizzare (e sono molto efficaci nel farlo) qualsiasi progresso tecnico. E reclutano nelle loro file tutti coloro che si sentono esclusi dal sistema capitalistico e si alleano quasi naturalmente con l'antagonismo dei residui comunisti e simili. Anche se necessariamente frettolosa, questa identità spiega perché i movimenti verdi vadano definiti come "ecoconservatori". E svela la loro metodologia: la difesa della natura è vista come un Cavallo di Troia con buon potenziale di consenso - per sconfiggere la cultura capitalistica basata sulla centralità della tecnologia.

Tale scopo strategico, portato da lobby e gruppi che influenzano pesantemente la politica ed il mondo universitario, ha stravolto i concetti di ecologia scientifica ed i parametri razionali per una sana ecopolitica. Esempi. I problemi ambientali vengono comunicati in termini di infondate profezie catastrofiche. Le soluzioni sono sempre unívoche: "Hai un problema ambientale? Blocca il progresso e lo risolverai". Il concetto di "sviluppo sostenibile", è un errore scientifico a causa della sua ambiguità metodologica. In sintesi, l'ossessione anticapitalistica porta ad un'ecologia pessimistica, scientificamente viziata da pregiudizi. Per questo va denunciata come ecologia sbagliata.

Che è urgente sostituire con un'ecologia giusta. Perché l'Occidente si trova di fronte al problema drammatico - in quanto non c'è esperienza storica per affrontarlo di gestire la rivoluzione biotecnologica in prossimo arrivo e di cominciare a tutelare seriamente l'ecosfera affinché possa ospitare senza troppi danni lo sviluppo prorompente dei Paesi emergenti. I verdi si stanno mobilitando per risolvere questi problemi attraverso, appunto, il blocco dello sviluppo ed il bioproibizíonismo. Scelte sciagurate, soprattutto la seconda. Se vincesse, la rivoluzione biologica migrerebbe dall'America e dall'Europa in Paesi spregiudicati che non vorrebbero né saprebbero controllarla. E aumenterebbe il rischio di catastrofe globale. L'ecologia giusta, invece, è quella capace di incanalare la rivoluzione tecnologica entro argini che non la facciano né straripare né inaridire (nuove istituzioni globali di "biocibernazione"). Capace di trovare l'alleanza tra progresso tecnologico, capitalismo e natura. Ed è possibile. Come finalmente comincia ad emergere dai circoli di ricerca che si stanno faticosamente liberando dalla dittatura ecoconservatrice e che iniziano a concettualizzare una nuova ecologia ottimistica. Ecofuturízzante. Ma questa nuova strada è ancora in costruzione. Ed ha bisogno, per accelerare i lavori, di un supporto istruito da parte dell'opinione pubblica, voi. Si apra il dibattito.

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La versione originale dell'articolo. Il sito di Carlo A. Pelanda

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